martedì 1 luglio 2014

Pistola per Difesa Personale: Vademecum


CONSIGLI IMPORTANTI
(redatto da: Atlantica Agenzia Investigativa Roma)

  • In genere un grosso calibro aumenta di molto le probabilità di riuscire a fermare un aggressore. Ma, se non spari bene e non riesci a colpire il bersaglio, non c’è pistola al mondo che possa  salvarti la vita. Scegli la tua pistola ed il calibro in base alla tua abilità nello sparare, la grandezza della tua mano e la corporatura.
  • Chiedendo a esperti e non, quale arma comprare, ti sentirai proporre centinaia di modelli diversi. La cosa migliore che puoi fare è trovarne una pistola con cui hai “affinità”, allenarti spesso divertendoti a sparare. Prima di acquistare un determinato modello provalo! Vai al poligono TSN e noleggialo.
  • La pistola migliore da possedere quando ne hai bisogno, è quella che hai con te.
  • Non c'è niente di più inutile di un'arma scarica. Tieni la tua arma sempre pronta a fare fuoco. L'intruso che si aggira armato dentro casa tua non si fermerà a prendere un tè mentre tu cerchi le munizioni per caricare l’arma!
  • Addestrati a utilizzare la tua arma. In caso di necessità (quindi emergenza), non avrai tempo di leggere il manuale! Conoscere istintivamente come caricare, usare ed affrontare eventuali inceppamenti  della tua pistola, può salvarti la vita.
  • Addestrati ad affrontare lo scontro a fuoco. Non mirare lentamente, il tiro di precisione non serve a nulla. Ingaggia il bersaglio e mira velocemente piazzando uno o due colpi in rapida successione. Cerca di allenarti in situazione di stress (una corsa sul posto e via dicendo).
  • La pistola non è un attrezzo perfetto, quindi esercitati ad affrontare gli inceppamenti o a ricaricare al volo, osservando tutte le regole di sicurezza.
  • Per detenere un arma in casa e gestire eventuali situazioni di emergenza ci vuole responsabilità e sapienza. Un buon corso ti fornirà tutti gli aspetti tecnico legali.
  • Se possiedi un porto d’armi per difesa personale, la tua vita cambierà, cambieranno le tue abitudini i tuoi atteggiamenti e le tue relazioni sociali. Portare un arma con se, significa adottare tutte le misure necessarie per evitare il peggio, quindi è importante:
  1. Occulta l’arma;
  2. Indossa l’arma sempre a contatto con il tuo corpo;
  3. Non esporti a situazioni di pericolo (non sei un agente di polizia);
  4. Evita ogni tipo di colluttazione! fare a pugni per strada potrebbe significare, perdere l’arma! Comprati uno spray antiaggressione e tieniti lontano dai guai;
  5. Ricordati che se hai impugnato l’arma in una situazione di emergenza, significa che la tua vita è in serio pericolo, quindi SPARA!
  6. Ricordati sempre che la tua pistola non è un accessorio di bellezza all’ultima moda, ma un oggetto portatore di morte.

Info: Investigatore Privato Roma

lunedì 30 giugno 2014

Come diventare un investigatore privato

Il settore delle investigazioni private è un ambito estremamente delicato, tratta circostanze e fatti che appartengono alla vita personale di ciascuno di noi, quindi la materia deve essere trattata in modo serio e professionale.

La mia attività di investigatore privato a Roma, iniziò nel lontano 1997, quando appena congedato dai paracadutisti della Folgore, iniziai a collaborare con rinomate agenzie investigative a Roma, impiegato nel più classico dei servizi, "il pedinamento".

La mia gavetta fu molto dura; sottoposto ad orari di servizio disumani, sottopagato e senza alcuna nozione tecnica, facevo esclusivamente affidamento nelle mie doti personali e all'addestramento ricevuto nei corpi speciali, cercando di apprendere il mestiere in maniera autonoma.

Successivamente inizia a frequentare dei corsi privati molto costosi che mi aiutavano a comprendere il mio settore professionale sotto ogni punto di vista (legale, tecnico, operativo, ecc...).

Oggi per diventare investigatori privati bisogna essere davvere pazienti e credere in ciò che si è scelto di fare. Il nuovo DL 269/2010 ha stravolto le regole del settore, dando maggiori specifiche la dove vi erano "buchi legislativi."

Come vedremo sono state introdotte delle regolamentazioni che distinguono chi può essere Investigatore Privato da chi non può esserlo (per una trattazione completa si legga il DM 269/10). Da un punto di vista psicologico, l’investigatore deve avere ottima capacità di comunicazione e di lettura della situazione e degli altri partendo da segnali minimi, un buon investigatore deve avere inoltre un’ottima flessibilità e capacità di reggere situazioni stressanti.

Il lavoro dell’investigatore privato Roma riguarda cittadini e aziende. L’Investigatore Privato si occupa della raccolta di informazioni di vario genere.

Di solito gli investigatori raccologono informazioni in caso di minacce, tradimenti del coniuge, lettere anonime e le forniscono al committente. Nel caso dell’attività che l’investigatore con l’azienda, solitamente si traggono informazioni sulla concorrenza sleale, sui temi della contraffazione e del controspionaggio industriale. (Scopri qui le 20 regole fondamentali per l’investigatore privato)

Il DM 269/10 ha distinto nettamente diverse figure:

- investigatore privato titolare d’istituto

- investigatore autorizzato dipendente

- informatore commerciale titolare d’istituto

- informatore autorizzato dipendente

Esiste dunque una procedura che consiste nell’apertura di una vera e propria agenzia investigativa, in questo articolo ci occuperemo invece per diventare investigatore privato dipendente. Come diventare un investigatore privato Per esercitare il ruolo di Investigatore Privato dipendente occorre superare alcuni step.

avere un diploma di scuola superiore aver fatto pratica per almeno 3 anni come Collaboratore per Incarichi Elementari dipendente di un investigatore privato titolare di agenzia autorizzato a lavorare in ambito civile da almeno cinque anni. La pratica come Collaboratore Incarichi Elementari deve essere continuativa e durare un minimo di 80 ore al mese.

Il Titolare dell’Agenzia dovrà testimoniare il successo del periodo di collaborazione Corso di Perfezionamento Universitario di carattere Teorico Pratico accreditato dal MIUR in ambito di Investigazioni Private o in alternativa è necessaria l’esperienza di almeno 5 anni di investigazioni in Polizia.

In bocca al lupo!!

mercoledì 25 giugno 2014

Investigatore e licenziamento

Il datore di lavoro può ingaggiare una agenzia investigativa per pedinare il dipendente se ha il fondato sospetto che questi non fruisca correttamente dei permessi della legge 104.     Inoltre, qualora dalle indagini investigative risulti che effettivamente il dipendente utilizzi i permessi per attività diverse da quelle consentite, il datore di lavoro può procedere legittimamente al licenziamento per giusta causa.
La legge vieta al datore di lavoro di spiare i dipendenti al fine di verificare qualità, produttività, moralità ecc...     Il controllo è invece consentito qualora vi sia il fondato sospetto che il dipendente stia commettendo un illecito ed è pertanto necessario tutelare il patrimonio aziendale .
L'investigatore privato può, attraverso un lavoro di pedinamento e osservazioni dinamiche, riportare prove a sostegno della violazione del permesso della legge 104.
Il suo lavoro potrà essere quindi utilizzato in sede giudiziale, per le finalità previste dalla legge.

il datore di lavoro non può spiare i dipendenti al fine di verificare che adempiano gli obblighi previsti dal contratto di lavoro.

Il controllo è invece consentito qualora vi sia il fondato sospetto che il dipendente stia commettendo un illecito ed è pertanto necessario tutelare il patrimonio aziendale
- See more at: http://www.laleggepertutti.it/52753_abuso-dei-permessi-legge-104-si-investigatore-e-licenziamento#sthash.zNf0bOXQ.dpuf
Il datore di lavoro può ingaggiare un investigatore privato per pedinare il dipendente se ha il fondato sospetto che questi non fruisca correttamente dei permessi della legge 104 [1].

Inoltre, qualora dalle indagini investigative risulti che effettivamente il dipendente utilizzi i permessi per attività diverse da quelle consentite, il datore di lavoro può procedere legittimamente al licenziamento per giusta causa.
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martedì 27 maggio 2014

Separazione: assegno negato alla moglie grazie all'adulterio scoperto dall'investigatore privato

Il marito che sospetta di essere tradito può far seguire la moglie da un investigatore privato a Roma e usare le "prove" raggiunte dal professionista nel corso del giudizio di separazione ai fini dell'addebito.
Questa la decisione contenuta nella sentenza di Cassazione pubblicata ieri, la n. 11516.
Siamo a Bologna, in corte d'Appello, dove a una signora viene respinta la richiesta di un assegno di mantenimento perché il marito aveva provato la sua infedeltà anche tramite il ricorso ai tabulati telefonici, oltre che con foto e resoconto di un investigatore privato da lui incaricato.
La corte d'Appello ha ritenuto provata la relazione extraconiugale della donna, ritenendo tale relazione la causa della definitiva rottura del rapporto personale fra i coniugi.
Per la Cassazione, il ricorso alla relazione investigativa è del tutto legittima in caso di separazione così come peraltro nell'ambito del lavoro. Ecco l'elenco delle ultime sentenze, appunto in materia di lavoro, che lo ricordano: 20613/12; 12489/11; 3590/11;26991/09; 18821/08; 9167/03. Queste invece quelle in ambito familiare: 8512/06; 683/75).
La Corte ha deciso a favore dell'ex marito perché, grazie al lavoro dell'investigatore privato, è stato provato che la relazione fosse precedente alla domanda di separazione.
Ma...La Corte di cassazione ricorda anche in tema di separazione giudiziale dei coniugi, si presume che l'inosservanza del dovere di fedeltà, per la sua gravità, determini l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, giustificandosi così, di per sé, l'addebito al coniuge responsabile, salvo che questo dimostri che l'adulterio non sia stato la causa della crisi familiare, essendo questa già irrimediabilmente in atto, sicché la convivenza coniugale era ormai meramente formale (Cassazione 2059/12; 25618/07).
In estrema sintesi: il tradito deve dimostrare la prova del tradimento mentre il traditore - se ne ha l'interesse, per esempio per richiedere un assegno di mantenimento - per evitare l'addebito, deve provare che l'adulterio sopravvenne in un contesto familiare già disgregato al punto che la convivenza era «mero simulacro».
Infine la Corte puntualizza che per contesto disgregato non è sufficiente citare litigi e l'abitudine di dormire in camere separate.

giovedì 22 maggio 2014

Cassazione: è diffamazione parlar male su Facebook anche senza fare nomi

Annullato il proscioglimento di un maresciallo della Gdf che sul proprio profilo aveva insultato un collega senza nominarlo. Perché si configuri il reato "è sufficiente che il soggetto la cui reputazione è lesa sia individuabile da parte di un numero limitato di persone, indipendentemente dalla indicazione nominativa"

ROMA - Chi parla male di una persona su Facebook, senza nominarla direttamente, ma indicando particolari che possano renderla identificabile, va incontro a una condanna per diffamazione. Lo si evince da una sentenza con cui la prima sezione penale della Cassazione ha annullato con rinvio l'assoluzione, pronunciata dalla Corte militare d'Appello di Roma, nei confronti di un maresciallo della Guardia di Finanza di San Miniato (Pisa) che, sul proprio profilo Fb, aveva usato espressioni diffamatorie nei confronti del collega che lo aveva sostituito in un incarico.

"Attualmente defenestrato a causa dell'arrivo di un collega raccomandato e leccaculo...ma me ne fotto per vendetta...." scriveva sul Facebook il maresciallo, condannato in primo grado a tre mesi di reclusione militare (con i doppi benefici) per diffamazione pluriaggravata, poi assolto dalla Corte militare d'appello di Roma dato l'anonimato delle offese sul social network che impediva, secondo i giudici, di arrivare al diretto interessato. Il procuratore generale militare aveva quindi impugnato la sentenza di secondo grado in Cassazione.

Ricorso che la Suprema Corte ha ritenuto fondato, disponendo un nuovo processo d'appello. "Ai fini dell'integrazione del reato di diffamazione - si legge nella sentenza depositata oggi - è sufficiente che il soggetto la cui reputazione è lesa sia individuabile da parte di un numero limitato di persone, indipendentemente dalla indicazione nominativa".

Osservano i giudici di 'Palazzaccio': "Il reato di diffamazione non richiede il dolo specifico, essendo sufficiente ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo della fattispecie la consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell'altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza di più persone, anche soltanto due".

Ai fini di tale valutazione, conclude la Corte, "non può non tenersi conto dell'utilizzazione del social network, a nulla rilevando che non si tratti di strumento finalizzato a contatti istituzionali tra appartenenti alla Guardia di Finanza, nè alla circostanza che in concreto la frase sia stata letta soltanto da una persona".


Info: agenzia investigativa Roma 



lunedì 31 marzo 2014

Bomboletta spray urticante: per la Cassazione ci vuole il porto d'armi

Svolgendo da più di vent'anni la professione di investigatore privato ho vissuto in molteplici occasioni situazioni di pericolo dove ho temuto per la mia personale incolumità.
In queste situazioni mi sono sempre appellato al mio istinto e al buon senso, riuscendo ad allontanarmi dal pericolo evitando il peggio - devo ammettere però che con me ho sempre portato uno spry anti aggressione e che custodivo nel cassetto dello sportello della mia utilitaria; un piccolo congegno che in caso di necessità poteva darmi la possibilità di difendermi o quanto meno, guadagnare la fuga.
Ora la Cassazione mette fine alla libera detenzione dello spray urticante e quindi dovrò rivedere il mio piano di difesa personale perché non vorrei mai essere denunciato per porto abusivo di armai.

Anche la bomboletta spray a contenuto urticante è da annoverare tra le armi comuni da sparo. E' quanto emerge dalla sentenza  5 febbraio 2014, n. 5719 della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione.

Il caso vedeva un uomo essere condannato per il reato di porto e detenzione illegale di alcune bombolette spray marca "American Style Nato Super Paralisant" contenenti una soluzione irritante-lacrimogena, in genere in dotazione alle forze di polizia per il controllo dell'ordine pubblico, a base di orto-clorobenziliden-malonitrile e ricorrere per Cassazione lamentando vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del reato (da definirsi ex art. 4 della L n. 110 del 1975), posto che la destinazione naturale del prodotto è costituita dalla difesa personale e stante la ridottissima potenzialità offensiva dell'oggetto.

Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che "integra il reato previsto dall'art. 4 L. 2 ottobre 1967, n. 895 e succ. mod., il porto in luogo pubblico di una bomboletta spray contenente gas urticante idoneo a provocare irritazione degli occhi, sia pure reversibile in un breve tempo, in quanto idonea ad arrecare offesa alla persona e come tale rientrante nella definizione di arma comune da sparo da cui all'art. 2, L. n. 110 del 1975" (Cass. pen., Sez. I, sent. n. 11753 del 28 febbraio 2012, rv. 252261). Già in tal senso anche Cass. pen., Sez. I, sent. n. 6106 del 13 gennaio 2009, rv. 243349, secondo la quale: "La bomboletta spray contenente sostanza urticante è compresa tra gli aggressivi chimici il cui porto illegale costituisce reato ai sensi della legge 2 ottobre 1967 n. 895".
Info: Investigatore privato Roma

martedì 4 marzo 2014

Il clima conflittuale tra coniugi non esclude il reato di stalking


Nella mia ventennale professione di investigatore privato a Roma, mi sono trovato spesso nella condizione di dover rinunciare all'incarico preso, per via del comportamento scorretto del mandante che, nell'ambito di una problematica familiare, si poneva in maniera violenta, assumendo per certi versi le fattezze di un vero stalker.
La vicenda giudiziaria riguarda una donna che denuncia per stalking il marito, dal quale è separata, dopo essere stata oggetto di telefonate, pedinamenti, minacce, danneggiamenti, in un crescendo di comportamenti intimidatori che hanno ingenerato in lei uno stato persistente di ansia e timore.
Richiesta a carico dell'uomo la misura cautelare di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla ex moglie, il GIP, prima, e il Tribunale, in sede di appello, poi, respingono l'istanza del P.M., in quanto – si legge nella motivazione del Tribunale – dall'istruttoria è emerso che “ il notevole flusso telefonico dal marito alla moglie (sicuramente dal contenuto minaccioso) non era univocamente sintomatico di una condotta assillante tale da ingenerare il menzionato stato psichico, perchè, come accertato dalla PG, risultavano anche molte telefonate in uscita dalla moglie al marito” Il Tribunale, pur ritenendo la donna attendibile, ha però collegato i ripetuti tentativi di contattare la moglie anche con espressioni minacciose e ingiuriose in un contesto conflittuale tra ex coniugi e ha ritenuto quindi sussistere a carico del marito i reati  di ingiuria, minaccia e molestia, per i quali non è ammessa la misura cautelare.
Proposto ricorso per Cassazione, la Suprema Corte, nell'accogliere il ricorso del P.M., nel delineare il reato di “stalking”,  precisa che trattasi di un “reato che prevede eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo; pertanto, ai fini della sua configurazione non è essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità”.
La circostanza – prosegue la Corte - che vi siano state delle chiamate telefoniche da parte della donna all'ex marito, riconducibili ad un contesto familiare conflittuale originato dalla crisi della coppia, come nel caso di specie, non esclude affatto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato in questione, ma anzi assume una rilevanza particolare, visto che l'art. 612 bis, al comma 2, prevede addirittura come aggravante l'esistenza di rapporti di coniugio o di pregressi rapporti affettivi tra le parti.
Da qui discende l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio ad altro  giudice, che dovrà valutare  in merito alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e, in caso positivo, sull'esistenza delle esigenze cautelari.

Info: Investigazioni a Roma